Siamo un popolo di sedentari, siamo quelli che “prendono la macchina anche per andare a bere un caffè al bar”. È una battuta, certo, ma purtroppo la diffusa sedentarietà è una verità certificata non soltanto da un rapporto dall’Istat[1], ma anche da un recente studio dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Ocse[2] . Di fatto, a praticare uno o più sport o una qualche attività fisica regolare nel tempo libero è appena il 36% circa della popolazione, e va tenuto presente che in questa statistica sono compresi anche i bambini e gli adolescenti, che per molte ragioni sono decisamente più attivi degli adulti. Nella classifica europea dei più sedentari non siamo il fanalino di coda, ma poco ci manca: dopo di noi ci sono solo Cipro, Germania e Portogallo.
Questo, nonostante siano ormai anni, se non decenni, che medici e mass media ci parlino dei molteplici benefici di una buona e regolare attività fisica: contribuisce a tenere sotto controllo il peso e la pressione arteriosa, a prevenire le malattie cardiovascolari (infarto e ictus), metaboliche (diabete) e perfino oncologiche, e migliora lo stato dell’apparato muscolo-scheletrico, riducendo, quando si diventa anziani, il rischio di cadute.
Benefici che, a quanto pare, non bastano però a convincerci ad abbandonare sedia e divano. Alcuni importanti studi aggiungono ora un elemento che potrebbe fare la differenza: fra gli effetti positivi dell’esercizio fisico vi è anche uno stimolo alle funzioni cognitive e una riduzione del rischio di sviluppare con l’età una demenza, sia che si tratti di demenza senile, sia della malattia di Alzheimer.
Finora abbiamo parlato di attività fisica in generale, ma ora occorre fare una precisazione: i vantaggi di cui parlano questi studi sono dimostrati solo con la cosiddetta attività aerobica. Esistono, infatti, due tipi di esercizio fisico: aerobico e anaerobico.
Nelle attività di tipo aerobico l’energia necessaria viene ottenuta “bruciando” glucosio, grassi e amminoacidi in presenza di ossigeno. Sono attività aerobiche per esempio camminare, correre, il ciclismo, il nuoto a bassa intensità, lo sci di fondo.
Quando l’apparato circolatorio non riesce a far fronte alla domanda di ossigeno richiesta dallo sforzo, entra in gioco il metabolismo anaerobico, in cui l’energia è invece ottenuta per altre vie (e con la produzione di acido lattico). Si tratta di un meccanismo che scatta tipicamente negli sport di potenza o nelle attività di resistenza, come sollevamento pesi, corsa veloce sui 100 metri, e tutti gli sport in cui si cerca una prestazione molto elevata in tempi rapidi.
Buona parte degli studi hanno considerato come “attive” le persone che hanno svolto regolarmente (almeno due o tre volte alla settimana) attività aerobiche relativamente prolungate, di 20-30 minuti alla volta. Ma attenzione, vale la pena di sottolineare che tra le attività considerate non rientrano solo, come detto, la corsa, il ciclismo e simili, ma anche attività quotidiane, come camminare a passo sostenuto, pulire casa, fare giardinaggio e attività analoghe.
Tutte le forme di demenza portano a sviluppare in tempi più o meno lunghi problemi di memoria, comunicazione, linguaggio, con una progressiva riduzione della capacità di prestare attenzione, di concentrazione, ragionamento e percezione visiva, fino a perdere, nei casi più gravi, la propria stessa identità. Una prospettiva che, appunto, può mettere paura e indurre davvero a dedicarsi a una adeguata attività fisica.
Demenza senile e Alzheimer manifestano sintomi simili, che da soli non bastano per distinguerle, ma che si differenziano per cause e per decorso nel tempo.
La demenza senile è per lo più dovuta a una lunga serie di piccoli ictus, che spesso passano inosservati, ma che danneggiano neuroni e reti di neuroni del cervello. Questi eventi cerebro-vascolari sono dovuti a un cattivo stato del sistema circolatorio, soprattutto a livello cerebrale.
L’esercizio fisico rappresenta una delle misure più semplici per prevenire la demenza senile, tenendo “allenato” l’apparato cardio-circolatorio. Per quanto riguarda il decorso nel tempo, la demenza senile può peggiorare, così come arrestarsi e in alcuni rari casi, anche regredire.
L’Alzheimer, invece, che è la forma di demenza più diffusa anche per effetto del progressivo invecchiamento della popolazione, è una vera e propria malattia, dovuta al progressivo accumulo nel cervello di una proteina, la proteina beta-amiloide, che non viene più metabolizzata ed eliminata.
La malattia è purtroppo destinata ad aggravarsi nel tempo e i farmaci finora disponibili possono soltanto rallentarne la corsa.
Certo, il massimo dei benefici lo si otterrà se quella di fare dell’esercizio fisico è un’abitudine che ci accompagna più o meno nel corso di tutta la vita, ma in realtà studi recenti[3] hanno mostrato che per quanto riguarda le funzioni cerebrali sono notevoli anche se si inizia a “muoversi” quando si è già in là con gli anni. Dall’analisi di una serie di studi è infatti risultato che in persone over 60 anche solo un mese di esercizio aerobico regolare ha portato a miglioramenti nella memoria, nell’attenzione e nella velocità di elaborazione del pensiero rispetto a chi praticava un regolare esercizio non aerobico. Di più: se l’esercizio fisico diventa un’abitudine regolare, il rischio di sviluppare una qualsiasi forma di demenza si riduce di circa il 30%, mentre quello di incorrere nella malattia di Alzheimer crolla addirittura del 45%[4].
I meccanismi con cui le attività aerobiche riescono in quest’ultima impresa non sono ancora del tutto chiari, ma si sospetta che siano legati alla loro capacità di ridurre i processi infiammatori in generale, processi che hanno un ruolo nello sviluppo della malattia di Alzheimer. Questo spiegherebbe anche la differenza tra attività aerobiche e anaerobiche, che invece possono favorire quei processi.
Un altro studio su persone ultra-settantenni ha addirittura mostrato che un anno di attività aerobiche ha portato a un piccolo aumento delle dimensioni dell’ippocampo, la principale struttura cerebrale coinvolta nella memoria, che con l’età tende ad atrofizzarsi. Si tratta di un cambiamento che secondo le stime dei ricercatori è paragonabile a un ringiovanimento cerebrale di circa due anni.
[1] https://www.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/la-misurazione-del-benessere-(bes)/il-rapporto-istat-sul-bes
[2] https://www.oecd-ilibrary.org/sites/500a9601-en/index.html?itemId=/content/publication/500a9601-en
[3]https://www.alzheimers.org.uk/about-dementia/risk-factors-and-prevention/physical-exercise
[4] https://www.health.harvard.edu/mind-and-mood/even-light-physical-activity-may-help-prevent-dementia