La medicina di genere studia l’influenza delle differenze biologiche e socioculturali tra uomini e donne sugli stati di salute e malattia: significa andare verso una medicina personalizzata che guardi alla donna nella sua totalità e nelle differenti fasi della sua vita. Ne parliamo oggi, in particolare, con focus su emicrania e cefalee, patologie che interessano statisticamente in misura maggiore proprio l'universo femminile.
La medicina di genere, infatti, permette terapie più mirate e garantisce una maggiore equità di genere anche nelle cure. Delle opportunità di questo approccio abbiamo parlato con Alessandra Sorrentino, presidente Alleanza Cefalalgici (Al-Ce).
Alleanza Cefalalgici sostiene e supporta da 30 anni le persone con emicrania o altre forme di cefalea primaria. Gli strumenti con cui lo facciamo sono diversi: i gruppi di auto mutuo aiuto, fondamentali perché sono uno strumento di supporto psicologico tra pari, complementare all’eventuale scelta di andare in terapia con un professionista; campagne di sensibilizzazione e comunicazione su cefalee ed emicrania, per promuovere una cultura dell’inclusione e combattere lo stigma e i pregiudizi che circondano la malattia; progetti con aziende, istituzioni, medici e società scientifiche, con l’obiettivo di garantire il diritto alla salute e a una qualità della vita ottimale, rispondendo a quelli che sono gli attuali bisogni insoddisfatti dei pazienti. Per esempio, diagnosi e presa in carico precoce, accesso alle terapie innovative, riduzione delle liste di attesa, inserimento della cefalea cronica nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), così da garantire un sostegno economico da parte del SSN verso coloro che soffrono di cefalee ed emicrania.
Il trattamento dell’emicrania e delle cefalee nelle donne è più complesso, non solo perché gli attacchi e i sintomi associati sono più invalidanti, ma anche perché ci sono altre patologie correlate a livello ginecologico (per esempio endometriosi e adenomiosi) su cui oggi finalmente stiamo facendo luce. Inoltre, alcune terapie necessitano di precauzioni nell’utilizzo perché sono sconsigliate, se non addirittura vietate, durante la gravidanza e/o l’allattamento.
Fare medicina di genere significa andare verso una medicina personalizzata che guardi alla donna nella sua totalità e nelle differenti fasi della vita. Avere, quindi, una rete di specialisti che collaborano tra loro in modo sinergico senza trascurare le comorbidità e le specificità della malattia nelle donne. Dobbiamo anche uscire dal concetto dell’abitudine al dolore: fin dalla pubertà siamo abituate all’idea che il dolore faccia parte della nostra vita e, di conseguenza, anche il mal di testa viene normalizzato. Culturalmente l’abitudine al dolore è uno dei fattori che ci porta a ritardare le diagnosi.
È un potente strumento di consapevolezza, sia per i pazienti, sia per le persone che non conoscono la malattia, ma anche per i caregiver, i medici e i farmacisti. La consapevolezza è la chiave di volta per permettere una presa in carico e diagnosi precoci, ma soprattutto corrette, che evitino esami inutili (che sono anche un costo per il SSN).
Sono fondamentali, inoltre, per contrastare la cronicizzazione di cefalee ed emicranie e anche per combattere lo stigma del “è solo un banale mal di testa”.
Con Fondazione Onda abbiamo realizzato webinar (con il contributo non condizionante di Teva Italia) focalizzati proprio sul tema di emicrania e cefalee al femminile. Un momento importante di condivisione e formazione, dove abbiamo approfondito, insieme a Nicoletta Orthmann, alla professoressa Rossella Nappi e alle dottoresse Grazia Sances e Licia Grazzi, l’importanza di un approccio multidisciplinare alla salute della donna e di considerare l’impatto che l’emicrania e le sue comorbidità hanno anche sulla vita relazionale e sessuale femminile. Oggi dal punto di vista farmacologico e diagnostico abbiamo fatto grandi passi avanti: fare rete, anche nella formazione e grazie a iniziative come i webinar organizzati insieme a Fondazione Onda, è l’unico modo per andare verso una medicina che garantisca un’effettiva migliore qualità della vita e permetta alle donne, ma anche a tutte le persone che convivono con questa malattia invisibile e invalidante, di limitare l’impatto che la malattia ha sulla loro vita.