Diabete, prevenire è meglio
di Gianbruno Guerrerio
Quattro milioni di italiani sono affetti da diabete e un altro milione vive, senza saperlo, una fase di prediabete, una condizione che non è di per sé malattia conclamata, ma anticamera alla patologia.
La buona notizia è che si può “tenere sotto controllo la situazione”, adottando corrette abitudini e stili di vita salutari
Il 14 novembre è la Giornata mondiale del diabete, una ricorrenza che vale davvero la pena di tenere in considerazione perché il diabete -e in particolare il diabete di tipo 2, legato all’età e ai comportamenti- ha registrato un’enorme crescita del numero di pazienti. Non a caso l’ultimo rapporto dell’Italian Barometer Diabete Observatory si intitola “La pandemia del diabete tipo 2 e il suo impatto in Italia e nelle regioni”.
Un cedimento all’allarmismo? No, e per convincersene basta guardare i numeri.
Gli italiani che soffrono di diabete sono circa 4 milioni, ma si stima che un altro milione ne sia affetto senza saperlo, e sono cifre in crescita.
Se poi guardiamo alla mortalità, si scopre che il diabete è causa diretta del 3% di tutti i decessi, ma la percentuale sale al 12% se si considerano i casi in cui la malattia è la causa iniziale o una concausa di morte. Il paziente diabetico è, infatti, esposto a molte complicazioni, specie se la sua patologia non è adeguatamente curata: si va da quelle cardiovascolari (angina, infarto, ictus, arteriopatia periferica, insufficienza cardiaca, etc.) alle nefropatie, dai danni alla retina (prima causa di cecità fra gli adulti) e alle neuropatie, che possono provocare ulcere e infezioni anche gravi.
Purtroppo, per il diabete di tipo 2 l’aderenza alla terapia risulta essere piuttosto bassa: secondo l’Agenzia italiana del farmaco (Rapporto OsMed 2020) si stima che a distanza di un anno dalla diagnosi soltanto il 40-60% dei pazienti rispetti in modo continuativo la terapia farmacologica. Molti poi neppure sanno di essere diabetici, mentre a partire dai 45 anni la glicemia andrebbe controllata periodicamente, almeno annualmente, perché le analisi del sangue possono far suonare un campanello d’allarme importante, permettendo di prevenire o almeno ritardare di anni l’insorgenza della malattia.
Prediabete: come fare “MARCIA INDIETRO”
Il valore normale della glicemia a digiuno è compreso tra i 70 e i 100 mg/dl, mentre il diabete è diagnosticato quando supera i 125 mg/dl; se la glicemia è, però, compresa tra 100 e 125 mg/dl si parla di prediabete, una condizione che può essere confermata con il test orale di tolleranza al glucosio (curva da carico) o dell’emoglobina glicata.
Il prediabete -che non è in sé una malattia, ma aumenta notevolmente il rischio di diabete- è una condizione ancora reversibile, senza il ricorso a farmaci. Chiaramente in tutto questo il consulto con medico e specialista resta un elemento fondamentale.
Per meglio comprendere le “dinamiche” che riguardano il prediabete dobbiamo guardare ai fattori di rischio del diabete, alcuni dei quali non sono sotto il nostro controllo (la componente genetica, per esempio, spesso segnalata dalla presenza di un genitore o un nonno che ne ha sofferto, l’età e una precedente gravidanza con diabete gestazionale), ma altri sì, come obesità e sovrappeso, una vita sedentaria, ipertensione e dislipidemia, ossia alterazione nei livelli di colesterolo e/o trigliceridi nel sangue. È su questi fattori che si può agire. Come? Limitando calorie e grassi, tenendo sotto controllo il peso corporeo e la massa grassa e facendo moderato, ma costante esercizio fisico.
Per esempio, scegliamo pane e pasta integrali e limitiamo molto i dolci (compresi succhi di frutta e bevande zuccherate), scegliamo alimenti di stagione e leggeri, cuociamo maggiormente al vapore, alla griglia o al forno e usiamo padelle antiaderenti (evitando così l’uso in eccesso di olio o burro). Quanto all’esercizio, anche semplici pratiche, come fare le scale invece di usare l’ascensore e passeggiare a passo sostenuto cinque volte la settimana per una mezz’oretta, possono fare la differenza. Questi rimedi (validi anche per il diabete conclamato) sembrano banali, ma diversi studi ne hanno dimostrato l’efficacia; uno in particolare, citato nell’ultimo rapporto dell’Italian Barometer Diabete Observatory e pubblicato su “The Lancet Diabetes & endocrinology”, ha dimostrato che con queste misure un folto gruppo di pazienti è rimasto libero da prediabete e diabete, almeno per i sei anni successivi alla loro adozione.
I diversi tipi di diabete
Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune, caratterizzata dalla presenza di anticorpi che colpiscono le cellule che producono insulina. In genere si manifesta nei bambini e nei giovani e soltanto molto raramente nell’adulto. La sopravvivenza di chi ne soffre dipende dall’aderenza alla terapia, che consiste in iniezioni quotidiane di insulina
Nel diabete di tipo 2 -la forma più comune di diabete- il pancreas produce insulina in quantità normali, ma le cellule dell’organismo diventano progressivamente resistenti alla sua azione.
Anche nel diabete gestazionale -che interessa circa il 6-7 % delle gravidanze, secondo l’Istituto Superiore di Sanità- c’è una ridotta risposta cellulare all’insulina, ma in questo caso è legata ai cambiamenti ormonali durante la gravidanza e di solito scompare dopo il parto. Aumenta, però, il rischio di incorrere più avanti nel diabete di tipo 2.