L'emicrania non è un semplice mal di testa e far capire agli altri quello che si prova può essere difficile. L’emicrania, infatti, spesso non viene compresa e i suoi sintomi vengono molte volte sminuiti.
“Ho ricevuto tantissimi suggerimenti su come avrei dovuto solo “non pensare alla mia emicrania” mentre mi sentivo scoppiare la testa - racconta Sarah Alexander-Georgeson, che convive da anni con l’emicrania cronica - Quando ho un attacco, però, a volte non riesco nemmeno ad aprire gli occhi. Vivere con l’emicrania, infatti, può essere debilitante. Un attacco di emicrania può nascere dal nulla, spesso in un giorno in cui ho molte cose in programma. È quasi come se la malattia sapesse che sono impegnata e cercasse di rubarmi ore preziose.”
Quindi, come descrivere e riuscire a far comprendere il dolore e le difficoltà associate a un attacco di emicrania ai propri cari, ai colleghi di lavoro, ma anche ai medici che ci prendono in cura? Di seguito si riportano i consigli di tre pazienti che soffrono di emicrania.
I pazienti che soffrono di emicrania devono attendere spesso molto tempo prima di ricevere la diagnosi definitiva e di trovare, insieme al proprio medico, la terapia più efficace. Nel caso di Sarah Alexander-Georgeson, ci sono voluti dieci anni prima di trovare una terapia adeguata al suo caso.
“Ho fatto numerose visite e seguito tutte le indicazioni suggerite - racconta Sarah - Ho cambiato la mia dieta, ho fatto più esercizio fisico e smesso di consumare caffeina, ma i miei attacchi di emicrania sono continuati.
Mia madre ha dovuto portarmi al pronto soccorso in tre diverse occasioni perché il dolore alla testa era troppo intenso. Ricordo di essermi sdraiata su delle sedie al pronto soccorso con gli occhiali da sole, piangendo perché il dolore era terribile.
Dopo alcune visite al pronto soccorso, il mio medico di famiglia mi ha poi indirizzato da un neurologo che ha trovato la giusta terapia per me. Non posso descrivere il sollievo che ho provato nel sentirmi finalmente creduta”.
Ecco, quindi, i consigli di Sarah per aiutare a spiegare ai medici la propria emicrania.
Io mi segno i giorni in cui ho un attacco di emicrania nelle note del cellulare, ma tu puoi farlo anche su un diario che tieni sempre con te. Scrivo dove sento dolore, quanto è grave, quanto dura e qualsiasi altra informazione che il mio medico potrebbe trovare utile.
Puoi scrivere anche una lettera al tuo medico in cui spieghi cosa stai passando e com'è per te vivere con l'emicrania.
Mi ci è voluto così tanto tempo per arrivare a una diagnosi, ma alla fine l'ho ottenuta. Continua le visite dal tuo medico, oppure cambia medico se non ti senti compreso. Devi lottare tu per la tua salute.
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Convivere con l'emicrania è difficile. Infatti, non colpisce solo chi ne soffre, ma anche i suoi cari. Per questo la cosa migliore è parlarne apertamente.
“Combatto contro l'emicrania da quando ero piccola - spiega Sarah Rathsack che soffre di emicrania dall’età di 5 anni - Mio marito ed io ne abbiamo parlato prima di sposarci e, 11 anni dopo, ancora ne parliamo apertamente. Negli ultimi 11 anni, la mia emicrania è passata da episodica a cronica. Soffro di emicrania per più di 15 giorni al mese. Siccome la mia patologia è cambiata, è cambiato anche il rapporto che io e mio marito abbiamo con lei, e il rapporto tra di noi.”
Ecco alcuni suggerimenti di Sarah per spiegare la propria emicrania al partner.
Parlare onestamente permette a mio marito di comprendere il mio punto di vista e di considerare i miei sentimenti, altrimenti non capirebbe cosa provo. Qual è il più grande fattore di stress e come possiamo, come squadra, lavorare per ridurre il suo impatto su di noi? Questo fattore potrebbe non essere facile da risolvere, ma affrontarlo gradualmente può aiutare.
L'emicrania può inoltre causare sbalzi d'umore. Per questo motivo, cerco di essere più consapevole quando parlo con mio marito in modo da non offendere i suoi sentimenti, senza dire cose negative dettate solo dal dolore.
So che la mia emicrania può avere un forte impatto anche su mio marito. Incoraggio mio marito a dirmi come si sente rispetto alla mia condizione e come questa lo stia influenzando. Discutiamo su come poter migliorare le cose, senza incolparmi, naturalmente, per questa situazione.
Cerco informazioni sull’emicrania per saperne di più e le condivido con mio marito. Gli invio articoli rilevanti, articoli su blog e post sui social media per spiegare come mi sento o per fare riferimento a una conversazione che abbiamo avuto in merito alla mia patologia.
Mio marito ed io impariamo strada facendo. Se è disponibile, viene con me agli appuntamenti dal medico. Se non può venire, gli racconto com’è andata la visita e quali saranno le prossime novità nella mia terapia. Fargli capire la mia terapia lo aiuta a comprendere meglio come aiutarmi nel gestire i miei sintomi. Entrambi facciamo domande ed entrambi ascoltiamo per ricevere le indicazioni più adeguate.
Il nostro stile di vita è in qualche modo dettato dall'emicrania, quindi apprezziamo le piccole cose quotidiane. Quando non possiamo andare a cena e al cinema, ordiniamo a casa e noleggiamo un film. Sono grata per tutto il tempo che passo con mio marito!
È meglio non affrontare discussioni importanti e complicate durante un attacco di emicrania, o in prossimità dell'inizio e della fine perché in quei momenti il senso di annebbiamento e gli sbalzi d’umore aumentano notevolmente.
A prescindere dalla propria posizione professionale, dal tipo di emicrania di cui si soffre, o dalla propria forza di volontà, lavorare provando dolore è difficile.
“Ogni volta che inizio un nuovo lavoro nulla mi spaventa di più di scoprire come (o se) parlerò ai miei colleghi dei miei attacchi di emicrania - racconta Danielle Newport Fancher, che convive con l’emicrania da 14 anni - Dopo diversi anni di esperienza, sono sicura solo di una cosa: non c’è un modo giusto o sbagliato di parlare di emicrania al lavoro. “
Perché è una decisione così difficile? Per il rischio di stigmatizzazione.
“Se non hai mai avuto un dolore cronico - spiega Danielle - potresti pensare: che c’è di male nel parlare di emicrania al lavoro? La mia risposta è: fa paura perché le persone possono vedere chi soffre di emicrania diversamente e pensare che non siano delle persone competenti e capaci.
Mi preoccupa che qualcuno mi dia un compito ma non sia sicuro che io sia in grado di portarlo a termine, o che lo svolga bene, perché non sono al 100%. Temo che se i miei manager vedono la mia malattia come una debolezza, possano dedurre che altri stiano facendo la mia parte.
Ci sono due facce dello stigma: o le persone ti vedono come un “malato”, oppure pensano che tu stia fingendo. È soprattutto per lo stigma che molte persone con l’emicrania si nascondono.”
Ecco, quindi, pro e contro di alcune opzioni quando ci si chiede come (e se) parlare della propria emicrania sul posto di lavoro, individuate da Danielle.
In questo caso occorre essere aperti e sinceri con chiunque lavori con te.
Pro: puoi essere onesto e non aver paura di “essere scoperto” quando hai un attacco di emicrania.
Contro: i colleghi potrebbero fare supposizioni su di te e pensare, come è successo a me, che il dolore sia una forma di debolezza o un difetto.
Ci sono molti modi di dare parziali informazioni. Per esempio, potresti dire solo “soffro di emicrania”, ma senza condividere quanto gravi sono gli attacchi.
Pro: quando arriva un attacco, non sarà una totale sorpresa.
Contro: avrai la sensazione di continuare a nascondere qualcosa.
Con questa opzione solo le persone che ti supervisionano sapranno un po’ di più del tuo dolore. Ma questo potrebbe renderti nervoso, perché i manager possono decidere della tua carriera.
Pro: ogni manager gestisce queste situazioni diversamente. Se non sei in grado di lavorare, il tuo manager capirà che hai un attacco di emicrania e non penserà che tu stia inventando una scusa.
Contro: non sai come la prenderà il tuo manager. Uno più sensibile potrebbe capire la situazione, ma un altro potrebbe cambiare negativamente la sua opinione su di te al lavoro.
Se non sei a tuo agio nel parlarne con il tuo capo, potrebbe essere d’aiuto parlarne con un collega in caso di emergenza.
Pro: puoi sfogarti e parlare con qualcuno di cui ti fidi.
Contro: potrebbero vedere te e il tuo lavoro in modo diverso.
Se vuoi nascondere i tuoi attacchi di emicrania questa opzione è la migliore.
Pro: puoi nascondere il dolore più facilmente. Avrai meno conversazioni sull’emicrania e ti sentirai meno giudicato per la tua patologia.
Contro: non avresti colleghi al corrente della situazione in caso dovessi avere bisogno di aiuto.
Naturalmente ogni emicrania è diversa, ogni capo è diverso, ogni collega è diverso e ogni luogo di lavoro è diverso. Per questo il consiglio è: valuta tutti i fattori e segui il tuo istinto!
Se vuoi sapere di più sull’emicrania e trovare materiali informativi da poter condividere con amici, familiari o colleghi interessati visita la sezione di tevaitalia.it dedicata all’emicrania, dove puoi trovare molte informazioni su questa malattia.