Essere gentili con se stessi significa essere comprensivi, generosi e premurosi con se stessi. Io riesco a essere tutte queste cose per gli altri, soprattutto per la famiglia e gli amici. Ma verso di me…Faccio fatica.
Convivere con l’ansia sociale per oltre dieci anni significa aver perfezionato l’arte dell’autopunizione, sia fisica che mentale, tanto che nel 2019, quando stavo scrivendo il mio secondo libro, ho trascurato anche i miei bisogni più elementari, come il cibo e il riposo. Mi sono sminuita per il fatto di essere “debole”. Mi sono spinta a lavorare più duramente che mai e per più ore.
Questo approccio non è raro, soprattutto sul posto di lavoro. Come dice magnificamente la giornalista Sarah Wilson: “Il comportamento ansioso viene premiato nella nostra cultura. Essere teso, agitato, frenetico e super-impegnato ha un valore aggiunto”.
Sono arrivata ad un punto in cui ho capito che non potevo andare avanti a trattarmi in quel modo quando sono finita in pronto soccorso per un esaurimento nervoso. Avevo bisogno di intraprendere dei cambiamenti.
Nel suo libro “The Kindness Method” (Il metodo della gentilezza) la guru Shahroo Izadi fa riferimento all’“analogia del divano” e ci insegna come imparare ad essere gentili con noi stessi gradualmente.
L’autrice incoraggia i lettori a immaginare il proprio critico interiore come una persona che occupa troppo spazio sul divano e che ci urla offese. Introduce poi un secondo personaggio, la gentilezza, che parla in modo sommesso e che tarda un po’ a mettersi a proprio agio ma che alla fine si sistema sul braccio dello stesso divano e contesta delicatamente ciò che il critico sta dicendo.
La scrittrice aggiunge: “Inizialmente il critico interiore avrà la meglio, perché la gentilezza non è abituata a essere presente, ma lentamente, man mano che la conversazione immaginaria prosegue, la gentilezza inizierà a superare le barriere mentali che abbiamo. L’idea è quella di costruire una nuova abitudine, piuttosto che sostituirne una cattiva” (Izadi, 2018, p.54).
Ancor meglio, pensa a ciò di cui ha bisogno un bambino. Poi contrassegna letteralmente ogni elemento man mano che lo porti a termine, giorno dopo giorno.
Considerarmi un’assistente per la versione ansiosa di me mi tiene in equilibrio. Il buon cibo, ad esempio, non è un lusso, ma una necessità. L’affetto mi rilascia la necessaria dose di ossitocina!
Tutti abbiamo qualcosa che ci conforta. Per me, ad esempio, si tratta del sonno. Nonostante stare a letto sia spesso associato alla “pigrizia”, è una cosa che mi tranquillizza e che faccio una volta alla settimana. Sento ancora il senso di colpa, ma, come con le critiche, lascio perdere. Poi mi fermo... e sai cosa? Ci si sente una favola.
Fingere di essere gentile con me stessa, piuttosto che aspettarmi di esserlo davvero, è stato un buon inizio. Mi ha aiutato a creare abitudini nuove e sane. Non posso impedire al mio cervello di essere critico, ma posso abbassare il volume della sua negatività con un po’ di cura e amor proprio.